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UN BABBUINO IN CITTA’ - torna indietro

Roma , 5 Aprile 2008

di Maurizio Di Bonifacio


ERA UN BABBUINO, SOLO UN BABBUINO……………. E allora poche righe, tanto
per puntualizzare, tanto per dire la mia…anche se qualcuno criticherà
quello che sto facendo…ma che ci volete fare, sono quello che sono e un
po mi ci diverto a stuzzicare, anche perché ho la sfrontatezza di
scrivere e dare a tutti la possibilità di leggere; non mi nascondo
dietro ad un “Blog” dicendo cose private e personali che hanno senso
solo discusse tra chi è coinvolto e che al contrario possono essere
strumentalizzate, usate e mal interpretate perché edulcorate dal
contesto vero che conoscono solo i personaggi realmente coinvolti…del
resto più volte ho chiesto di parlare con il babbuino, ma ho ricevuto
solo sms, mail, minacce assurde…allora mi prendo la libertà di
scrivere…almeno questo, visto che non ho potuto far altro….peccato….
 
Venne tempo fa… spelacchiato, brutto…malconcio …percepii il suo
contorno pesante, nerastro e nessuna luce negli occhi…ma non era
negativo…solo oppresso. Non sapevo da dove venisse, ma di certo
proveniva da qualche zona rurale lontana dalla città. Sentivo che con
grande fatica portava quella oppressione…quasi per sfida…un po come
fanno certi barboni alla stazione che si muovono goffamente con decine
di buste piene di stracci che non servono, ma che in qualche modo, sia
pur maleodoranti ed inutili sono qualcosa da avere e da portare con
loro, un emblema.
Aveva il collo rigido, ma non per il freddo, era così per tenere in
piedi una tenuta psichica che altrimenti sarebbe andata in pezzi; le
mascelle contratte tradivano una voglia di parlare e di essere
ascoltato, aveva bisogno di essere, di sentirsi importante…di dare voce
a un grido muto…strozzato in gola da eventi negativi, forse da
situazioni familiari opprimenti, o chissà.
Gli occhi stretti e la fronte aggrottata…ciglia forzatamente
ravvicinate per mostrare determinazione, capacità rigorosa…scrupolosa,
evidenziata da movimenti scattosi, precisi, secchi…in realtà quella
smorfia composita stampata in faccia era solo uno scudo, una maschera
per andare in giro e reggere il confronto con gli altri, mentre l’
esecuzione ostinata degli scatti nel muovere i suoi segmenti articolari
non lasciava spazio che ad una interpretazione spiacevole della sua
fisiognomica…una personalità che pur avendo il bisogno sacrosanto di
essere considerato, amato e valorizzato, non lasciava spazio a nessuna
argomentazione se non la volontà di annullare qualsiasi dialettica, di
azzerare all’istante e con violenza anche il minimo confronto perché
incapace di rapportarsi, di condividere, di sperimentare, di ammettere
di sbagliare, di mettersi in gioco.
Mi trovavo per caso seduto al tavolo della reception ed ebbi modo di
osservarlo durante tutto il tragitto che dall’esterno del cortile porta
all’ingresso della struttura…non so perché ma fui catturato dal suo
modo di intercedere e da quei movimenti segmentati… non potei fare a
meno di analizzarne la tenuta bioenergetica…curiosità forse o la
sensibilità verso quella modalità che già da lontano diceva “ho bisogno
di qualcosa che non riesco a trovare”.
Poi parlò, o meglio tentò di parlare, ma le parole uscivano a stento
come se gli graffissero la gola e il suono rimbalzante che ne usciva lo
metteva in imbarazzo e ne aumentava la difficoltà di fonazione…si
scusò, in qualche modo, con grande fatica del suo essere balbuziente…la
sua personalità non gli permetteva scuse, perché doveva essere
infallibile, a tutti i costi e questa voce che non usciva lo metteva
veramente in difficoltà.
Ma non era balbuziente! Ciò che mandava in tilt la capacità di
esprimere il pensiero in concetti chiari ed udibili era solo il peso
del suo stato psichico, sorretto con uno sforzo mostruoso che non
lasciava spazio al fiato ne di uscire ne di entrare e un diaframma
toracico ipotrofico e contratto, come avesse un cinturone addominale,
di quelli che si usano nel sollevamento pesi, che lo chiudeva in una
vera e propria cassaforte.
Oltre tutto il dichiararsi balbuziente non era altro che una scusa per
giustificare la sua incapacità di reggere il confronto dialettico con
un qualsiasi interlocutore.
Il corpo appariva scarno e con un assetto sbilanciato, asimmetrico,
con una evidente frammentazione dei segmenti articolari.
La somma degli elementi che stavo valutando, ma soprattutto questo
ultimo elemento, mi facevano si pensare ad una personalità rigida,
rigorosa, efficiente, ma anche violenta e di una violenza pericolosa se
mai avesse avuto modo di esternarla.. (ciò che rinforzava poi questa
sua modalità era il fatto che non accettava di essere contraddetto).
Ebbi modo nel tempo infatti, di capire che le mie sensazioni erano
esatte e verificare che mi trovavo di fronte ad un personaggio
instabile.
Ci furono molti episodi spiacevoli, che però non mi fecero mai pensare
ad un suo allontanamento e misi a dura prova la mia pazienza e quella
degli altri soci per cercare di accettare e sopportare i suoi modi da
poliziotto (per altro mai voluto in tale veste) a fronte di una
notevole efficienza nel gestire l’organizzazione della pubblicità della
scuola e la visibilità su internet.
 
Ma perché mi domando ora, alla luce di ciò che è successo, aprii le
porte della disponibilità e in seguito della mia amicizia, senza
valutare che un personaggio siffatto alla lunga avrebbe avuto un
effetto pericoloso nella vita della scuola, deleterio e virulento…..
Credo che dovrei chiederlo alla radice del mio modo di essere, troppo
sensibile e generoso, troppo attento ad ascoltare gli altri e a
condividere tutto, forse troppo sbilanciato verso gli altri per colmare
la solitudine vissuta e sofferta in adolescenza.
Non si finisce mai di imparare diceva un maestro che ho
conosciuto…devo dire che aveva ragione, non si finisce mai, nel bene e
nel male.
Ad un certo punto il peggio della sua personalità contorta, offesa dal
pensiero libero di persone libere, tranquille e serene, che non hanno
bisogno di poliziotti e dittatori, è sfogato nei danni intenzionalmente
provocati per danneggiare la scuola e i soci, agendo deliberatamente
sull’oscurazione del sito, sulla soppressione della posta elettronica,
compreso “l’info tao chi”, la distruzione di Outlook express, la
cancellazione di tutti i database dei soci e la vanificazione di anni
di lavoro della scuola.
Ma la scuola ha radici profonde, io l’ho creata mettendoci l’anima, il
cuore…e se pur bizzarro e stravagante il mio genio…il babbuino sorride
a queste parole…ma io dico che se pur risibile ad una lettura
superficiale, quanto dico è la semplice verità, non un vanto, perchè
per essere tale bisogna saper soffrire, saper sopravvivere, bisogna
conoscere molto, saper fare molto e bisogna dimostrarlo!….sono rimasto
in piedi insieme ai miei allievi per altre e più impegnative
disavventure che questa è solo una ulteriore prova della vitalità dell’
associazione TAO CHI…..
 
Infatti la scuola è ancora viva, il sito è di nuovo funzionante, io
sono sempre me stesso, gli allievi sono quelli autentici, i soci sono
quelli che vogliono stare e condividere, ognuno con il proprio bagaglio
culturale, ognuno con un tesoro da portare…io metto il mio…insieme si
trova la VIA.
 
Non so cosa riservi la vita al babbuino, ma sarebbe impietoso non
augurargli almeno una robusta liana alla quale appendersi per fare
“dindolò” ed un buon pacchetto di noccioline per nutrire la sua testa
vuota…le bucce che cadranno a terra verrebbero sapientemente grufolate,
sgranocchiate dal suo congiunto…il “cinghiale obeso”…sì proprio lui…che
si nutre, respira e si muove solo se il gerarca con la coda e le
orecchie a sventola lo consente…a patto che non pensi, non abbia punti
di visuale, non coraggio, non personalità, non forza, non voce ne occhi
per osservare…così anche l’inetto, per il quale è già tanto che si
siano spese poche parole, avrebbe di che sfamarsi.
 
 
Maurizio Di Bonifacio


 

 
 

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